T S 1.2
Estimare e costruire se non può essere condotto a termine dallo uomo è la sua fine,poiché ogni cosa per l’uomo ha questo scopo perché è a fin di bene lo scopo per l’uomo e il fine è la condizione finale della creatura che avrà ogni bene per ogni vita,così come Dio ha ogni vita per il suo bene. Questo è tutto quello che l’uomo ha in sé per la sua salvezza dalla fine e la gloria di Dio. L’uomo è colui che è disposto da Dio poiché la volontà di Javhè dispone e l’uomo di Dio esegue; mentre l’uomo che si oppone a questa volontà è contro la verità e ogni sua azione, contraria, mira alla dissoluzione della sua vita contro l’uomo e il suo fine come per il suo scopo. Come scaturisce chiara la disposizione di Javhè l’uomo di Dio accoglie questo comando come fine a se stesso e così si avvicenda alla causa che ha in comune con tutte le altre creature. La volontà è il supremo ordine che presiede tutte le inclinazioni umane. La volontà è il supremo avvicendamento che l’uomo compie per colmare di grandezza quel bene vitale che scaturisce dalla volontà di Dio il cui nome è Javhè.Ogni uomo ha in sé questo bene che prolifica ogni grazia che avvicina la creatura a Dio. Ma non tutti sanno disporre questo bene per il fine e lo scopo giusto e vero che è Dio. Ogni uomo compie il suo ciclo vitale in un solo modo, vive. Ma poiché la vita dell’uomo è breve,costui non sa disporre la sua vita in sintonia con l’eterno, benefico creatore. Così questo uomo, cieco, si esclude,anche volontariamente,dalla condizione finale che ha la capacità o ha il tutto di ordinare il momento finale per cui ogni creatura vive già vissuto. Come ogni cosa che l’uomo compie ha una scadenza effettiva nel tempo, così la facoltà dell’uomo di disporsi orientandosi in grazia verso Dio ha il suo stato di non temporaneità,poiché ogni cosa che si dispone in Dio ha il fattore eccelso di esistere e non di realizzarsi in affinità somatiche. Come ogni cosa ha la condizione visibile,che è la componente più labile quanto effimera, tanto più esaltante è lo stato da cui questa forma vivente ha in sé. Così l’uomo che è il primo acquisitore di un bene che viene dalla volontà eterna è consapevole di ciò solo se afferma questa dipendenza dalla volontà suprema così come esegue ciò che ogni creatura ha disposto per la vita sua e delle altre creature. Otto è per l’uomo il simbolo di questa verità che l’uomo ha, in cui molti credono,per cui tante creature offrono la loro vita o consacrano a questo stato che li rigenera a creature viventi nella verità per la conclusione del momento finale che è il momento della verità nella realtà del visibile. Non è un simbolo arcano che non include verità; questo simbolo è il fattore principale che carpisce alla verità la presentazione della realtà così come l’uomo la concepisce e la comprende. Ogni cosa ha in sé questo simbolo, poiché esso rappresenta la mutazione o crescita dall’attuale condizione del visibile,uomo, alla esistenza dell’invisibile che non ha alcun legame con il visibile se non per tutto quello che l’uomo vivo non comprende. Otto è un numero, ma è un simbolo che racchiude tutta la spiegazione di tutto quello che l’uomo non comprende.L’uomo come può comprendere tutta la verità se si esclude da essa e rifiuta e non riconosce l’artefice il cui nome è Javhè. L’uomo è il più stolto tra i viventi,poiché deliberatamente e intellettivamente si esclude da tutto ciò che è il principio come la fine. Ogni cosa ha un inizio ma per l’uomo tutto ha fine. Non è questa la verità,poiché sono molti che comprendono che il principio non ha fine così come la fine di molti uomini è il principio. Tutto quello che l’uomo non può comprendere è rinchiuso in sé stesso, poiché non è con la mente che costui può capire,ma solo con la ordinata visione di ciò che non vede che l’uomo può comprendere ciò che non crede .La fonte principale di conoscenza per l’uomo è l’esperienza. Questa esperienza viene attuata in molte discipline del sapere umano. Con essa l’uomo dispone le sue esperienze in modo che esse siano il motivo preliminare alla conduzione delle certezze verificate. Poiché queste esperienze sono limitate alla comprensione della mente umana, la sua conoscenza ha un limite oltre il quale l’uomo non può andare poiché escludendo la esperienza verificabile l’uomo non può spaziare intellettivamente il campo dell’incomprensibile perché non ha attitudine alla verificabilità delle esperienze dimostrabili. Ciò comporta una alienazione dell’umano da tutto quello che non comprende e orienta questo vivente a considerare l’effimero finito e dimostrabile escludendo la verità,esistente e che vive nell’uomo stesso. Ma questo modo dell’uomo di concepire la vita ha una opposizione veritiera per tutte le creature viventi che si dispongono nella condizione ordinata per orientarsi verso quella verità che viene a costoro rivelata in molti modi e che questa creatura accoglie mossa non da percezioni sensibili,bensì da considerazioni razionali che stimolano l’intelligenza e realizzano una predisposizione al contatto sensoriale verso la verità. Ogni creatura così si dispone alla capacità intellettiva di coordinare la sua vita in funzione del suo stato che con la riconoscenza e l’acquisizione della esistenza rigenera questa creatura da vivente finito a esistente infinito nella grazia dello stato assoluto. Questo è il principio della fine e la fine del principio è tutto ciò che si oppone a questa verità,poiché la fine del principio è vera fine per l’uomo che vive e muore nel niente per il male di tutti gli uomini e per la fine della vita sulla terra.